Prefazione di Diego Fusaro al Il politico di Marco Scevola
Un romanzo filosofico sulla nostra condizione
di Diego Fusaro
Il bel romanzo di Marco Scevola che il lettore si accinge a leggere presenta un carattere intrinsecamente filosofico, figurando a tutti gli effetti come un romanzo filosofico nel senso classico. A tratti, si pone anche come un Bildungsroman che segue il protagonista nel suo tormentato processo di evoluzione e di consapevolezza.
Come il lettore agevolmente scoprirà leggendo il testo, sono principalmente tre i nuclei tematici che attraversano l'opera e che, in questa mia prefazione, desidero trattare distintamente. In primo luogo, abbiamo una fotografia cruda e realistica, a tratti spietata, dell'odierna condizione giovanile: la precarietà a tempo indeterminato si erge a orizzonte unico nelle esistenze delle nuove generazioni, condannate alla miseria e allo sfruttamento, e più in generale all'impossibilità di accedere a quella fase della maturità che si caratterizza per la stabilità lavorativa, sentimentale e politica.
In effetti, l'odierno evo della flessibilità universale si contraddistingue anche e non secondariamente per l'evaporazione di quell'età dell'esistenza che un tempo andava sotto il nome di maturità e che appunto coincideva con lo stabilizzarsi della vita dei soggetti in forme solide e definite, "etiche" (sittlich) direbbe Hegel. Da tre che erano, le fasi della vita sembrano oggi ridursi a due: si è giovani fino al termine della propria esperienza lavorativa precaria, per poi diventare improvvisamente anziani, senza mai essere stati maturi.
Il giovane infatti – l'aeternus puer – è il soggetto instabile per definizione, quello la cui esistenza è in fieri, in attesa di una stabilizzazione che, nel tempo della globalizzazione turbocapitalistica, non giungerà mai, cosicché, secondo quanto prima ricordato, da giovani si diverrà vecchi senza mai essere passati per la fase della maturità.
Il protagonista dell'opera di Marco Scevola vive sulla propria pelle questa sofferta e tormentata situazione di precarietà lavorativa ed esistenziale, in un groviglio di "passioni tristi" e di umiliazioni nelle quali si riverberano i drammi di un'intera generazione, quella che si potrebbe con diritto chiamare la generazione dei nativi a capitalismo integrale. Con questa espressione, vogliamo riferirci a quanti siano nati dopo la data fatale del 1989, senza avere mai conosciuto anche solo idealmente la possibilità di un mondo differente rispetto a quello del totalitarismo della forma merce e dell'economia di mercato. Sul fondo della nuova caverna globale, aggiornamento dell'antro di Platone, corre senza tregua la scritta there is no alternative.
Marco Scevola tratteggia molto bene, con maestria e con stile, i dilemmi di questa generazione, così come vengono sperimentati dal protagonista del suo lavoro, che potrebbe ragionevolmente intendersi come il paradigma ideale della generazione dei nativi a capitalismo integrale.
Il secondo nucleo tematico ampiamente perlustrato nell'opera riguarda la potenza manipolatoria della parola e le possibili derive totalitarie della politica che sulla propaganda si fonda. Il protagonista, infatti, ritiene di aver ravvisato una possibile via d'uscita dalla propria miserrima situazione esistenziale grazie alla politica. Mettendo a frutto l'insegnamento dell'antico sofista Gorgia di Lentini, secondo cui la parola è onnipotente, e può dunque far trionfare come vera la ragione falsa (celebrando ad esempio l'innocenza di Elena), il protagonista del romanzo prova a seguire la via politica per introdurre un ordine sostanzialmente funzionale al suo interesse e avente contorni spiccatamente distopici e totalitari, per certi versi degni del noto romanzo orwelliano.
In questa sua perversa impresa, egli si avvale del sostegno di alcuni personaggi rocamboleschi, scaltri e senza scrupoli, i quali perfettamente raffigurano l'essenza dell'odierna politica nichilistica nel tempo della evaporazione dell'ideale. Ne discende un quadro politico di ordine orwelliano, reso possibile dal consenso delle masse opportunamente manipolate dall'opera propagandistica della parola e dei discorsi.
Il terzo nucleo tematico a cui desidero fare celermente riferimento riguarda la situazione di dubbio emotivo nella quale il protagonista viene dolorosamente a trovarsi: per un verso, sente dentro di sé che si sta spegnendo la fiamma dell'amore per la sua compagna, fortemente disturbata sul piano psichico; per un altro verso, avverte i rimpianti per altre possibilità esistenziali che non ha seguito.
Si trova così a vivere provando la dolorosa esperienza della "coscienza infelice", per dirla con la nota formula di Hegel: una coscienza infelice, però, tutta proiettata nel piano dell'immanenza, senza gli slanci di trascendenza che caratterizzavano invece la coscienza infelice hegeliana riferita all'uomo medievale. Il protagonista infatti soffre per la contraddizione della propria situazione presente, di cui sperimenta con sofferenza le angustie, e il mare infinito delle possibilità che non ha seguito e non ha realizzato, optando per scelte che hanno ipso facto scartato altre possibilità che pure si davano.
Sono queste, probabilmente, le pagine in cui il protagonista guadagna la sua massima umanità, sperimentando sulla propria carne viva la tragedia dell'esistere in un mondo in cui alla contrazione sociale ed economica si aggiunge quella ontologica ed esistenziale: il nostro esistere non è altro che la serie delle scelte che compiamo e che, nel loro stesso attuarsi, escludono le altre possibilità, non di rado conducendoci in vere e proprie situazioni di naufragio, come le chiamava la filosofia esistenzialistica di Karl Jaspers; situazioni di naufragio in cui facciamo esperienza del limite invalicabile e dello scacco inaggirabile a cui pure liberamente ci siamo condannati con le nostre scelte.
Proprio in ciò, del resto, risiede il paradosso dell'esistenza umana: possiamo comprenderla solo volgendo lo sguardo al nostro passato e, però, siamo condannati a viverla con lo sguardo rivolto al futuro che ignoriamo e che, tuttavia, determiniamo con il nostro agire e con le nostre scelte.
Il libro di Marco Scevola risulta convincente non solo per lo stile di scrittura, accattivante e seducente in ogni sua pagina, ma anche per la ricca gamma di temi filosofici affrontati attraverso il personaggio principale e gli altri protagonisti del racconto, dramatis personae del nostro tempo e della sua sempre più radicale disumanizzazione dell'essere umano. Il romanzo parla in realtà di tutti noi, del nostro presente e delle nuove generazioni, condannate a vivere nell'odierno tempo della compiuta peccaminosità e della reificazione planetaria.