Il vento non spezza le ali della farfalla è un’opera
di vita. Non una biografia individuale, ma prodotto di atrocità sperimentate da
una collettività che si concreta grazie a una singola penna.
L’autore ripercorre i tempi difficili passati in
gioventù, approfondendo tematiche esistenziali e sociali quali: lo sfruttamento
giovanile sul luogo di lavoro, l’alienazione dell’artista nel mercato globale,
l’omologazione e l’amore. Innanzi nichilista, rampollo di famiglia borghese più
che benestante, Esposito Romano (Marco Scevola) si dissocia dall’operosità
irriflessa, dogma della sua educazione, catapultandosi di fatto nell’umile vita
delle masse proletarie. Problemi economici e incertezze intervallano una prosa
autobiografica intensa quanto sintetica, pregna di affreschi che sfuggono dalla
pagina e si depositano al di là del romanzo; ossia là dove la battaglia dei
viventi si svolge. Dinnanzi al ventiduenne poeta, disoccupato senza fissa
dimora, si dipana una marea di possibilità, tutte sovrintese dall’amore, ciò
che di un’esistenza fa vita.