Prosa di
tempesta è una raccolta di racconti lunghi vergati dal poeta e filosofo Marco
Scevola.
Sintassi
articolata, precisione terminologica, ricerca tradizionale e atmosfera lugubre,
scabra, catapultano il lettore nel laboratorio dello scrittore, che si accinge
a elaborare le iniquità sofferte e i condizionamenti derivanti dalla
materialità.
Ambientazioni
e stili narrativi ispirati al naturalismo e al verismo muovono la stesura di
Abulia, un racconto lungo che tematizza il folclore provinciale e il
progresso tecnologico non corrisposto da un fattuale miglioramento delle
condizioni di vita. L'oscurantismo dell'ignoranza e il pettegolezzo, il sentito
dire, fucinano la quotidianità claustrale nelle aree rurali meno aliene
all'industrializzazione.
L'ultimo
salto e Le
spine della rosa affrontano storie d'amore tragiche, romantiche, melliflue.
Opere
teatrali assurdiste ed esistenziali- Un cattolico, un nichilista e un ateo
al ristorante e Orwell e Dayno- infondono consistenza alla perdita
di coordinate spaziali. Prospettivismo, di punti di vista si confà il vero al
quale l'uomo può attingere. Difatti, se postulassimo che il vero è, ed è uno,
comunque, la mancata onnipresenza e onniscienza dell'uomo impedirebbe la
possibilità che egli attinga a tale vero.
Si
conchiude l'opera con una biografia fittizia inerente al tema dell'aborto e Diario
di una puttana da tangenziale, che stona con l'aurea brumosa e farraginosa
degli altri racconti che compongo la raccolta per immortalare lo scatto
repentino dalla immediata riflessione alla mediata irriflessione, che è la vera
protagonista di Quasi Eterni.