Volo ergo sum

[...]Ebbene, nonostante io sia in dubbio sulle ragioni della mia volizione, che io voglia, non è sottendibile dal dubbio. Il mio essere è volitivo, ancorché possa dubitare sui moventi che determinano la mia volizione al mio volere atomico. E dall'atomo, presto si fa molecola, inconsciamente, irriflessa l'emigrazione della volizione nel molteplice che consegue all'asserzione atomica, tanto da persuadermi che io voglia ciò che non vorrei. Per esempio, io posso voler vivere in una villa antistante il litorale di Rimini. Tuttavia, tale volizione potrebbe abbacinarmi dalle conseguenze volitive, ossia travagliare e risparmiare per coronare il mio asserto volitivo puntuale. E a fronte del costo etico di ciò, deporre o meno la mia volizione. Potrei anche ricondurre genealogicamente la mia volizione all'indottrinamento mediatico, alle esperienze personali edoniche che hanno cristallizzato la mia volizione indeterminata alla determinazione che io voglia una villa sul litorale di Rimini, tuttavia, che io debba ontologicamente volere, no. Ciò è sufficiente per ritrovare me stesso: volo ergo sum. Pertanto, fondata l'edonica volizione sulla deontologia della mia ontologia volitiva, si manifestano i due poli che dovrò nella prassi materiale sempre preservare: non assentire a volizioni atomiche che mi condurranno a deprivanti volizioni molecolari con le quali soccomberà la volizione prima, e domandarmi se la volizione atomica sia avversa alla volizione indeterminata. [...]

Volo ergo sum è un'opera di ontologia, teoretica, etica, teosofia e letteraria. Include dissertazioni filosofiche che incorniciano un romanzo: Il pessimista: resipiscenze di un fisico archivista. Si tematizzano i seguenti argomenti filosofici contemporanei: la voce, la contaminazione, il relativismo e la filosofia del linguaggio.

L'opera si apre con Il pessimista, un romanzo autobiografico fittizio, filosofico, sociale, psicologico e antropologico, corpus dell'esposizione.

Un uomo di mezza età riflette sulla sua vita trascorsa come predicatore del pessimismo più cosmico. Traumi giovanili cagionarono un'attitudine catastrofista, spregiudicata e vittimista nei confronti della vita, nonché un orgoglio smisurato, che condussero l'io narrante ad abortire la vita per comprovare l'esattezza dell'ideologia che meglio calzava all'io scisso, diviso, del fisico autodidatta, ossia il relativismo pragmatico e utilitarista. Infatti, l'uomo dotto nelle scienze dure, nonostante la sua predisposizione volta alla scienza termonucleare, ora si trova a lavorare come archivista in una biblioteca comunale di una città di periferia. E qui, attorniato dai libri di filosofia a lungo disprezzati, per competizione serbata verso le grandi menti delle scienze umane, leggerà, o, al pulpito suo, "sprecherà tempo" leggendo un certo filosofo. Tuttavia, inaspettatamente, le memorie del sottosuolo di tale autore stravolgeranno la sua convinzione di impugnare il vero. Il suo scientismo ateo verrà smontato a mano a mano che stilerà il presente diario intimo, in favore di una chiusa scettica ma non nichilista, naturalizzante e distendente il suo dissidio interiore.

Le tematiche affrontate vertono prevalentemente sull'etica e la possibilità di fondare "una nuova morale" di fatta nietzschiana, il ruolo della filosofia come consolazione per la morte secondo il canto di Severino Boezio e la solitudine che affligge la socievolezza insita nell'uomo che "pensa altrimenti", sia esso il filosofo, il poeta o qualsivoglia luminare visionario, pertanto individuo estimato con diffidenza dal noi collettivo.

In ultima istanza, Volo ergo sum è un compendio di soliloqui esistenziali orientativi per le venture generazioni; destinatari costoro che nascono in un cosmo ove il fuoco di paglia del positivismo supponente non s'è ancora spento, dove il mito della "scienza che sa di sapere" inforca l'idolatria del corpo e della mondanità, ponendo diniego sulla sensatezza della speculazione escatologica. L'intento che muove la redazione del dattiloscritto è la consapevolezza che non sussistano valori e precetti auto-evidenti manifesti all'uomo, e che, ontologicamente, l'uomo sia coscienza parziale dell'Aufhebung, gnoseologicamente imperfetto.

[...] Però, ora che rileggo, noto quanto la teoretica razionalista che critico imperversi nel mio flusso cosciente. "Esatto", "corretto", "opportuno"; che grasse risate! Sono vittima del mio idolo! Crocefisso dall'ideologia comoda, che mi ha consentito finora il torpore delle braccia conserte! Ho intavolato io tutti i banchetti, e sempre io ho causato ogni carestia; cada sciagura che ha sfregiato la mia sfinge! Dopotutto, ho obbedito come servo al dettame morale che predicava la mia inferiorità. Anzi… ben peggio! Ho obbedito senza avvedermene. Ho appianato il mio animo scabro al loro, liscio, livellato le vette del mio essere uniformandolo al cerchio limato, omologato, in siffatto modo perdendomi… perdendo me stesso, il mio essere scomodo. Tutto questo per non guardare in faccia il feticcio dell'ingiustizia… delle iniquità non motivabili razionalmente… "assurde", "insensate"! [...]

Monologhi in rima si interpongono tra la prosa per esemplificare la consistenza della voce all'interno della trattazione in forma scritta, processo di ibridazione che è il nocciolo duro sul quale verte l'inchiesta espositina. 

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